Dopo un lungo iter parlamentare iniziato a febbraio 2024, la Camera ha approvato la nuova Legge sugli interporti, sostituendo la normativa del 1990. Il testo ridefinisce il concetto di interporto come “nodo intermodale”, con funzioni strategiche per lo scambio modale delle merci e la connessione tra reti stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali.
Il primo articolo ne evidenzia la portata sistemica: promuovere l’intermodalità terrestre, migliorare la sostenibilità (economica, sociale e ambientale) dei flussi logistici e contribuire al completamento delle infrastrutture TEN-T europee.
Pianificazione e limiti: massimo 30 interporti in Italia
Una delle innovazioni principali è l’introduzione del Piano generale per l’Intermodalità, da redigere entro un anno dalla promulgazione della Legge. Il MIT condurrà un censimento degli interporti esistenti e in costruzione sulla base della delibera Cipet 1993. Il Piano sarà adottato tramite decreto ministeriale, previo confronto con Regioni e Parlamento.
La Legge stabilisce un tetto massimo di 30 interporti sul territorio nazionale. I nuovi dovranno rispettare requisiti stringenti: collegamenti diretti alla rete ferroviaria e stradale nazionale, vicinanza a un porto o aeroporto, assenza di vincoli urbanistici, sostenibilità finanziaria, e coerenza con i corridoi TEN-T.
Struttura e governance: privatizzazione confermata
Gli interporti dovranno disporre di infrastrutture minime tra cui terminal ferroviari intermodali, aree di sosta per mezzi pesanti, centri direzionali, dogane e sistemi di sicurezza. L’articolo 4 istituisce un Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica, organo consultivo presieduto dal MIT, composto da rappresentanti regionali, UIR, presidenti interportuali e associazioni di categoria (senza diritto di voto). Partecipazione gratuita.
La gestione degli interporti è confermata in regime privatistico: i gestori opereranno secondo diritto privato e potranno riscattare le aree in concessione, trasformando il diritto di superficie in proprietà piena, con perizia certificata e in funzione degli investimenti effettuati.
Finanziamenti: 25 milioni in tre anni, ma senza nuovi oneri
La Legge autorizza uno stanziamento di 25 milioni di euro per finanziare progetti prioritari (5 mln nel 2025, 10 mln nel 2026 e 10 mln nel 2027), attingendo a fondi esistenti (Bilanci 2018 e 2021). I progetti dovranno essere approvati tramite accordi di programma. Se non validati entro 4 mesi (prorogabili a 6), il finanziamento sarà revocato.
I gestori ferroviari (come RFI) potranno adeguare il “ultimo miglio” a loro spese, previa analisi costi-benefici. Inoltre, i gestori interportuali dovranno sottoscrivere contratti con RFI per garantire l’adeguamento agli standard europei (sagoma, modulo, peso assiale).
Impatti e tempi di adeguamento
La nuova normativa entrerà in vigore con l’abrogazione quasi totale della Legge n. 240/1990, che resterà applicabile solo per i procedimenti già avviati. Regioni e Province autonome avranno sei mesi per adeguare la propria legislazione ai principi fondamentali della nuova Legge.
La riforma degli interporti rappresenta un passaggio chiave per la modernizzazione della logistica italiana. Puntando su una visione intermodale, sostenibile e integrata con l’Europa, la nuova Legge quadro mira a rendere la rete degli interporti più efficiente, strategica e in linea con le sfide ambientali e infrastrutturali del presente. La sfida sarà ora implementare queste disposizioni in modo coerente e tempestivo, garantendo risultati concreti per il settore.



