Partiamo dai fatti: da lunedì scorso tutti i trasportatori stradali che entrano nell’Unione Europea, più Norvegia, Svizzera e Irlanda del Nord, devono obbligatoriamente presentare la cosiddetta Entry Summary Declaration (ENS) tramite il nuovo Import Control System 2 (ICS2). Il problema? Alcuni Paesi hanno fatto melina e rimandato tutto, altri invece vanno dritti per la loro strada. L’IRU non usa mezzi termini: “Rischiamo il caos totale alle frontiere”.
Come funziona l’ICS2
L’ICS2 è il sistema europeo di sicurezza e controllo delle importazioni che si sta allargando a macchia d’olio. Dopo il cargo aereo e le navi, da aprile ha coinvolto anche treni e camion. Ora tocca a tutti i trasportatori su gomma.
La dichiarazione va presentata almeno un’ora prima di arrivare al confine UE e deve contenere una montagna di dati: acquirente, venditore, luoghi di carico e scarico, codice HS a sei cifre e descrizione dettagliata della merce. E indovinate un po’ chi deve procurarsi tutte queste informazioni? Il trasportatore, ovviamente.
L’idea di fondo è buona: individuare i rischi prima che sia troppo tardi, rafforzare la sicurezza alle frontiere e migliorare il dialogo tra autotrasportatori e dogane.
L’allarme dell’IRU: “Un rompicapo burocratico”
L’Unione Internazionale dei Trasporti Stradali (IRU) ha fatto un appello disperato alla Commissione Europea per avere sei mesi di moratoria valida per tutta l’Unione. Secondo l’organizzazione, questa mancanza di coordinamento creerà solo confusione.
“Da lunedì la ENS è diventata un rompicapo burocratico per i trasportatori. Se l’Europa va a due velocità, perché non ammetterlo ufficialmente e semplificare tutto rimandando l’attuazione per tutti?” – così commenta Raluca Marian, direttrice affari UE dell’IRU.
Il rischio concreto? Sanzioni a pioggia, code chilometriche ai confini e aziende costrette a rifare completamente i propri itinerari.
Europa divisa: chi ha rimandato e chi no
La Commissione ha dato il via libera alle cosiddette deroghe, e molti Paesi non se lo sono fatto ripetere due volte.
Hanno rimandato tutto a fine 2025: Austria, Belgio, Croazia, Finlandia, Francia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna.
Vanno avanti senza sconti: Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Svezia.
Il risultato pratico? I trasportatori devono controllare ogni volta da dove fanno entrare la merce nell’UE, anche se la loro azienda ha sede in un Paese che ha rimandato l’obbligo.
La sfida è appena iniziata
Gli esperti sono tutti d’accordo: l’ICS2 serve eccome per la sicurezza delle forniture europee. Il problema è questa applicazione a geometria variabile che sta creando solo mal di testa.
“Il sistema è necessario, ma senza regole comuni rischiamo di mandare in tilt le frontiere e di far collassare le dogane” – ribadisce l’IRU.
Il settore chiede una cosa semplice: coordinamento e regole uguali per tutti. Nell’attesa di una risposta (che chissà quando arriverà), i trasportatori devono arrangiarsi con questa nuova realtà: l’obbligo non dipende da dove hai la sede, ma da dove entri in Europa.
Insomma, un altro bel grattacapo per chi lavora su gomma. Come se non bastassero tutti gli altri.